LANDING PAGE "Acqua - Liquida Bellezza"
ARTRIBUNE - 5 aprile 2024
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Liquida Bellezza.
Fotografie di Silvano Pupella
di Denis Curti
Il racconto fotografico di Silvano Pupella per Acqua Sant’Anna si posiziona all’interno di un panorama visivo ricco di precedenti illustri. Sono autori “insospettabili” che hanno messo a disposizione la propria sensibilità artistica per costruire nuove prospettive corporate. Ecco un breve salto nel tempo, un excursus necessario a fornirci le esatte coordinate per comprendere pienamente l’intervento fotografico realizzato da Pupella. Si comincia con un racconto ambizioso, commissionato tramite l’agenzia Magnum e portato a termine in sole tre settimane, del fotografo americano William Eugene Smith che, nel lontano 1955, si è occupato di documentare gli scenari della Fondazione Pittsburgh in occasione del suo bicentenario di attività. La grammatica di Smith è simbolicamente incendiaria; attraverso l’uso di un bianco e nero intenso come il carbone mostra, senza mezzi termini, una città inghiottita dal fumo e alacremente attiva, nonché la condizione umana contrapposta al peso estenuante del lavoro in fabbrica. A differenziare questo impianto dalle sue precedenti inchieste reportagistiche c’è però un rovesciamento di intenzionalità: è l’azienda stessa a cavalcare la voce limpida di un fotografo affermato per celebrare e non denunciare la rilevanza del proprio impero, in questo caso, volta a una precisa idea di futuro e progresso. Parallelamente, circa dieci anni più tardi, nel giugno del 1962, e in territorio italiano, la Direzione aziendale della Olivetti affida a Ugo Mulas la realizzazione di un servizio sulla donna a lavoro, evidenziando tale possibilità come un fattore di grande avanguardia gestionale. Ecco che il focus di Mulas non è più sull’uomo intesto come ingranaggio che tiene viva la produzione. Ma lascia spazio a una preponderante componente estetica dove la figura femminile, amalgamandosi ai luoghi d’impiego, risulta più consapevole e disponibile a ricoprire un ruolo preciso nel raggiungimento di un obiettivo comune come il benessere dell’impresa. Ragion per cui Mulas apre la strada a una fotografia democratica e popolare. In ultimo, il sodalizio tra Gianni Berengo Gardin e Renzo Piano. Qui l’autore ligure diventa l’occhio fotografico di una serie infinita di progetti architettonici. Dagli anni Novanta il suo obiettivo geometrico si sposta sul Centre Pompidou di Parigi, sullo Stadio San Nicola di Bari e anche sui cantieri sede della ricostruzione lungamente sofferta del Ponte Morandi a Genova, così da attestarne l’esistenza, incorniciarne le linee e dimostrarne le funzionalità. In altre parole, Berengo Gardin ci restituisce in forma iconografica il matrimonio concettuale tra l’opera e il suo creatore.
Alla luce di queste brevi riflessioni, appare evidente come il nostro fotografo faccia suoi i tre insegnamenti appena descritti, ossia documentazione quotidiana, consapevolezza e restituzione del senso di appartenenza. La fotografia di Pupella ne è quindi la sintesi diretta, un insieme operativo da cui egli parte per strutturare l’interezza del suo sguardo professionale. Uno sguardo influenzato dalla conoscenza profonda delle dinamiche corporate, poiché maturato in virtù della sua esperienza manageriale. Silvano Pupella è stato dall’altro lato della barricata e ciò gli consente oggi di seguire parallelamente la traiettoria comunicativa delle aziende con cui collabora. Non solo, tutto questo ci dimostra che, in risposta all’inarrestabile declino del mondo editoriale, la dimensione corporate rappresenta il settore di riferimento per una nuova politica di commissioni. Una sorta di mecenatismo contemporaneo che, proprio come accadeva alla corte dei Medici permette ai fotografi come Silvano Pupella di abbracciare storie custodite tra le spesse mura societarie, in modo da tramandarne il valore collettivo.
All’atto pratico, padroneggiando uno stile sempre misurato e una significativa propensione all’ascolto, Pupella riesce a declinare in immagine la sinuosa filiera del suo committente. Mettendo in sequenza ritratti, astrazioni materiche e scorci di fabbricati. Descrive nel dettaglio il ciclo produttivo di Sant’Anna: dall’acqua che sgorga dalla sorgente, arrivando fino a una minuziosa indagine del processo di imbottigliamento. Il tutto senza mai perdere di vista la quantità umana. D’altronde il motore della forza lavoro che sorregge le aziende risiede proprio nelle persone che ci lavorano. Così facendo ogni automazione, gesto, dettaglio plastico si svincola definitivamente dalla concezione austera attribuita allo scenario industriale. Ci troviamo quindi in un contesto di poetica realtà. A significare che la narrazione di Silvano Pupella nasce dalla documentazione di fitti valori istituzionali, per poi carpire la centralità di una bellezza liquida, mai del tutto inscatolabile, sia dal punto di vista sentimentale che imprenditoriale.