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Francesco Poli

“Fotografia al quadrato”

Il titolo che mi è venuto in mente per questo commento su una parte del lavoro fotografico di Silvano Pupella (le serie dei Frammenti urbani e della Street Art) è un po’ ironico, ma credo possa sintetizzare bene dei peculiari elementi di fondo del suo sintassi visiva.
Innanzitutto, ed è ovviamente la cosa più evidente, le sue foto sono tutte quadrate, e non si tratta di una scelta di secondaria importanza. Il formato quadrato ha per molti versi una carattere per così dire più razionale e geometrico rispetto a quelli rettangolari che nella tradizione della pittura, ma anche nella fotografia, sono abitualmente usati in orizzontale per le scene di paesaggi o di interni, e in verticale per le figure e i ritratti. In altri termini, la dimensione quadrata permette di “imporre” alla realtà fotografata una gabbia visiva più regolare e ordinata, e di accentuare la formalizzazione in direzione astratta anche degli elementi più frammentati e casuali.
Si può dire che per Pupella la “quadratura” della visione è da un lato la condizione di partenza della sua logica compositiva, ma dall’altro lato è anche, in un senso meno letterale e più allargato, il punto di arrivo.
E in questo modo è interpretabile quello che il fotografo ha scritto a proposito dei suoi Frammenti urbani: “E’ il tentativo di fermare la casualità e l’imprevedibilità del rigore e dell’ordine di cui è composto il caos; dettagli di quotidianità urbana fissati nella loro geometria ed espressi attraverso il rigore formale del bianco e nero…”
Si può anche dire che la sua è una “fotografia al quadrato” nella misura in cui il suo processo operativo è caratterizzato da una messa a fuoco analitica e da una tensione non solo ottica ma mentale verso la scoperta di aspetti essenziali della realtà (quella dell’ambiente urbano che ci circonda) in certi dettagli all’apparenza trascurabili. Le sue foto sono dei blow up di dati reali così ravvicinati e nitidamente circoscritti da apparire completamente decontestualizzati e dunque al limite più astratti che realistici. Pupella dichiara di fissare con le sue immagini “delle geometrie improbabili” che si troverebbero nelle pieghe più nascoste di questi frammenti, ma in effetti più che scoprirle le inventa e le visualizza grazie alle sue inquadrature definite da un occhio iperselettivo.
Il risultato che viene raggiunto sia nelle più rigorosamente “classiche” foto in bianco e nero dei frammenti urbani, sia nel variopinto gioco cromaticamente geometrizzante (anche quasi pop) dei particolari ritagliati dai segnali tracciati sui manti di catrame delle strade, è allo stesso tempo quello di una documentazione analitica (come si è detto), e di una rielaborazione visiva con significative valenze estetiche.
Nella prima serie i frammenti di realtà si delineano come delle raffinate composizioni visive dove entrano in gioco effetti di profondità prospettica (in Infinito e Giardini pubblici), di ritmica scansione con griglie ortogonali (per esempio in Parco Dora e Contrasto), di fluidità curvilinea (in Senza titolo e Decorazione) e di sospesa fragilità lineare, fatta di luce e ombra (in Apparenza e Fili di luce). C’è qui del formalismo di scuola ma anche un’inedita freschezza poetica minimale.
Per quello che riguarda le foto di “street art”, nel senso di “arte urbana involontaria” come precisa l’autore, sono immagini che possono essere viste singolarmente (la loro misura di cm.50x50 ha un buon impatto percettivo) ma è soprattutto attraverso la caleidoscopica sinergia che nasce dalla combinazione seriale in polittici regolari, più o meno articolati, che viene enfatizzata al meglio la loro sorprendente qualità. Attraverso vitali e ludiche configurazioni che , sul fondo nero, disegnano quadrati, frecce, linee parallele, triangoli in bianco, rosso, verde, giallo e blu, che sembrano opera di un pittore ma che sono anche impregnate di vissuto reale.


Francesco Poli
Professore di Storia dell'arte presso l'Accademia di Brera a Milano, a Scienze della comunicazione presso l'Università di Torino, e all’Università Paris 8, a Parigi-St. Denis.

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